Enrico Serarcangeli il meccanico geniale e il suo tragico destino
14 Maggio 2023 di EMILIO ANDREOLI
“Dalle storie improvvisamente ritornano i ricordi, come fasci di luce illuminano la strada percorsa: quella della giovinezza”. Qualcuno mi ha scritto questa sensazione che ha provato leggendo un mio racconto. Due righe che mi hanno fatto emozionare. Far rivivere momenti personali di vita vissuta è l’obiettivo che mi sono dato, quando ho iniziato a scrivere le storie di Latina. Qualche settimana fa vi ho raccontato di Ivo Cristofoli, il meccanico che stupì gli ingegneri della Honda. Intervistando le figlie mi è venuto in mente un altro meccanico, specializzato nelle marmitte calcolate, di cui non ricordavo il nome. Parlando con gli amici di Ivo mi è tornato in mente. Ed ecco che da una storia ne esce un’altra, quella di Enrico Serarcangeli. I due meccanici, tra l’altro, erano anche amici.
A Latina, negli anni settanta, era quasi impossibile non conoscersi. La città aveva gli stessi abitanti che oggi conta Aprilia, circa settantamila. Le attività erano quelle storiche, ma se ne stavano aggiungendo altre, che a loro volta lo sarebbero divenute. Quando facevi una passeggiata era un continuo salutare. In qualsiasi bar o angolo della strada potevi incontrare un amico e fermarti per conversare. Girando oggi per il centro di Latina, mi rendo conto che non è più così. Gli abitanti da allora sono quasi raddoppiati, ma tanti amici sono andati ad abitare nei quartieri periferici Q4 e Q5. Sembrerà strano; alcuni di loro non li vedo da anni.
Ma torniamo ai tempi miei: un paio di settimane fa vi ho raccontato dello storico meccanico Ivo Cristofoli. Parlando di lui, nell’incontro con le figlie e i suoi amici di sempre, ho avuto un flash di un altro meccanico di Latina, molto conosciuto dai noi ragazzi dell’epoca. Quel meccanico si chiamava Enrico Serarcangeli. Trovare la sua storia è stato più semplice del previsto, il suo cognome mi suonava familiare. Ho mandato un messaggio al mio amico Alberto Serarcangeli, uno dei più stimati artisti pontini, chiedendo se Enrico fosse suo parente. La sua risposta non si è fatta attendere: <>.
Enrico Serarcangeli e le sue marmitte calcolate
Enrico Serarcangeli nasce a Latina l’11 maggio del 1953. Primo di cinque figli maschi. Il papà Ugo è un impiegato dell’INPS, la mamma Antonietta è originaria di San Donà di Piave e fa la casalinga. Ugo è arrivato nell’Agro Pontino nei primi anni trenta, perché suo padre lavora come capo officina al Genio Civile ed è stato trasferito a Littoria. La famiglia Serarcangeli è originaria di Roma, nell’800 costruivano carrozze. Ugo ha ereditato la manualità dai suoi avi, che trasmetterà anche ai suoi figli. È un appassionato di motori ed è vice presidente del Lambretta Club di Latina.
Enrico è un ragazzo a cui piace studiare. Dopo le scuole medie frequenta il liceo scientifico G.B. Grassi di Latina. il padre lo porta spesso nelle manifestazioni motoristiche e lui, già da ragazzino, si appassiona al mondo dei motori. A quattordici anni vuole assolutamente il motorino. La mamma non vorrebbe, ma il papà non può negarglielo per gli ottimi voti ottenuti in pagella. Il suo primo motorino è un Garelli 50cc Junior cross quattro marce. Il primo tagliando glielo fa il padre. Davanti a lui smonta pezzo per pezzo il motore. Enrico assiste estasiato, memorizzando ogni passaggio di suo papà.
Ormai è fatta. Per lui, da quel momento, i motori non avranno più segreti. Con la famiglia abita in una palazzina dell’INCIS , in Viale Italia, dove trascorre il tempo con i suoi amici dopo la scuola. Proprio in una cantina di quelle palazzine apre un’officina casalinga e inizia a fare pratica sui motorini degli amici.
Oltre studiare, Enrico legge tutte le riviste del settore motoristico che il padre compra ogni mese, in particolare “Motociclismo” dove pubblicano le schede tecniche dei motori. Per poi passare a riviste ancora più specifiche. Inutile dire che il suo Garelli lo modificherà per andare molto più veloce.
Con il fratello Carlo, di due anni più giovane, inizia a costruire marmitte calcolate, per rendere ancora più performanti moto e motorini. Enrico è ancora molto giovane, ma già il suo nome inizia a circolare tra i giovani che vorrebbero modificare il proprio motorino. Raggiunta la maturità si iscrive a ingegneria, ma la voglia di stare in mezzo ai motori è troppo forte. Così abbandona l’università. Per fare esperienza si dedica alle elaborazioni sulle moto di grande cilindrata, come la Kawasaki 750 cc un mostro di moto a due tempi.
Nel 1972 va a lavorare da un meccanico romano che ha l’officina in zona Piccarello. Dopo un anno decide di aprirne una tutta sua, in via Enrico Toti. Nel 1974 il suo amico Lidano Giorgi gli fa conoscere Ornella, un’amica della sua fidanzata. I due si metteranno insieme. Nel 1978 il papà si ammala e dopo tre mesi muore. Un duro colpo per la famiglia Serarcangeli. Ugo, molto amato dai figli, era un vero punto di riferimento. Enrico, essendo il più grande, sente la responsabilità dei suoi quattro fratelli, di cui il più piccolo ha appena dieci anni. Nello stesso anno si ammala anche la mamma, ma fortunatamente viene operata in tempo.
Nel 1981 decide di prendere un’officina più grande perché il lavoro è aumentato e ha bisogno di più spazio per inserire anche l’abbigliamento per i motociclisti. Si trasferisce in via dei Marsi, una traversa di via dei Volsci. Nel 1983 sposa Ornella e nel 1985 nascerà il figlio Andrea. Enrico in officina è sempre concentrato, ama lavorare in silenzio, l’unica cosa che ascolta sono i motori. Con il suo orecchio attento riesce subito a individuare il problema.
Dopo il lavoro sembra un’altra persona, è di compagnia e molto affabile. Insomma la vita scorre serena: la famiglia, il lavoro, suo figlio e le uscite domenicali con la sua verde Kawasaki 500, ovviamente modificata… Fino a quella tragica domenica.
Enrico e quel destino maledetto
È domenica 5 maggio 1996. Enrico per tre mesi ha combattuto con una forte otite. Ha voglia di uscire anche se pioviggina. Chiama un suo amico per ben tre volte e alla fine lo convince. Finalmente si torna a girare in moto. A loro due si uniscono altri due motociclisti di Nettuno. È quasi ora di pranzo e sono quasi arrivati a Ceccano, un paese in provincia di Frosinone. Mancano un paio di tornanti. Enrico è il capofila. In una curva a gomito, immersa in due terrapieni, sbuca un grande trattore che traina un carrello stracolmo di rami.
Non si capisce bene la dinamica (non sarà mai chiarita), ma la Kawasaki di Enrico va giù e lui vola contro uno dei terrapieni. La moto continua a scivolare e gli rovina addosso. Un medico si trova a passare proprio in quel momento: gli presta subito soccorso, ma non può praticargli il massaggio cardiaco perché ha le costole rotte. Viene caricato in ambulanza dopo pochi minuti, ma non servirà a nulla. La sua vita si fermerà a quarantatre anni.
Il ricordo dei fratelli Alberto e Carlo
L’appuntamento è nello studio di Alberto, dove dipinge le sue belle opere. C’è anche il fratello Carlo che per qualche tempo ha collaborato con Enrico.
Carlo, tu hai collaborato con tuo fratello Enrico. Raccontami qualche aneddoto
“Quando compii quattordici anni Enrico mi passò il suo motorino e lui ne prese uno tutto sfasciato da un meccanico che stava davanti al distretto militare, si chiamava Benito. Era sempre un Garelli. Lo fece tornare nuovo. Il motore era un cinquantino. Riuscì a fargli toccare i centocinquanta chilometri orari. Un giorno si presentò in officina un tipo un po’ losco, in una scatola aveva un motore tutto smontato, erano tutti pezzettini. Mio fratello riuscì a montarlo senza nessuno schema. La sua era più di una passione. Le prime marmitte calcolate le realizzammo insieme, compreso i silenziatori. Studiavamo tutto”
Poi hai lasciato perdere quel lavoro?
“Sì, mi diplomai all’istituto tecnico e mi chiamarono a lavorare nella centrale nucleare di Latina. Mio fratello Claudio, il più piccolo, andò a lavorare con lui. Ma dopo la tragedia l’officina venne chiusa, perché Claudio si occupava dell’abbigliamento e non della meccanica. Ora lavora all’Harley Davidson di Roma, vicino via Tuscolana”
Alberto, tu con i motori come sei messo?
“Sono l’unico dei Serarcangeli che con capisce nulla di motori, considera che ho preso la patente dopo i quarant’anni”
Di tuo fratello Enrico cosa mi dici?
“Mio fratello era uno sperimentatore, studiava in continuazione i motori, era sempre aggiornato. Un giorno l’ingegner Zoi, con cui collaboravo, mi chiese dove poter portare la sua Honda a riparare, ovviamente lo indirizzai da Enrico. Dopo qualche giorno lo incontrai e mi disse “Ma tuo fratello è sprecato in quell’officina”. Enrico era una persona geniale. Anche a scuola rimanevano stupiti per la sua bravura nel disegnare a mano libera”
I due supermeccanici Ivo ed Enrico si conoscevano bene, nonostante avessero undici anni di differenza. Incredibilmente avevano lo stesso carattere e stessa passione infinita per la meccanica. L’immagino insieme mentre parlano di motori, come due musicisti parlano di musica.
La tua moto, il tuo destino
Sull’asfalto grigio nero
“Ciak, si gira”, è scritto, fine
Un ingenuo mito di centauro tra le spine
Stretti intorno al grande fuoco
Nei nostri sguardi regna il vuoto
E uno strano silenzio, che parla per noi
Ha già infranto i confini del prima e del poi
Addio, amico…
Patrizio Sandrelli, Fratello in amore
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