Meridiane, quando l’orologio era solo solare.
I Sistemi Orari.
Riflessioni e divagazioni sulla misura del tempo a cura dello gnomonista Alberto Suci.
“MANEO NEMINI” – Non mi fermo per nessuno.
Nel corso dei secoli i criteri di misurare il trascorrere delle ore durante il giorno chiaro (i cosiddetti “sistemi orari”) hanno subito molteplici cambiamenti, strettamente correlati alle continue diverse esigenze della vita quotidiana. Di conseguenza anche gli strumenti solari inventati e continuamente perfezionati dall’uomo hanno seguito le stesse vicende. Quando ci troviamo di fronte ad un orologio solare la prima cosa che osserviamo è il disegno complessivo e in particolare la distribuzione del tracciato delle linee orarie, delle linee calendariali e la disposizione dello gnomone. Dal disegno siamo in grado di capire per quale tipo di sistema orario è stato costruito l’orologio. Per una sua corretta interpretazione è importante conoscere questi sistemi orari. In origine, la necessità di misurare il trascorrere delle ore era poco avvertita durante il giorno-chiaro ed era semplicemente limitata alla conoscenza del momento di massima intensità di luce (il mezzodì), immaginaria linea di confine fra mattino e pomeriggio e il diminuire della stessa nelle ore prossime al tramonto, per programmare il rientro per il riposo notturno. Nella notte non vi era alcuna necessità di contare le ore; si aspettava l’alba. L’attenzione era più rivolta a determinare il ritorno delle stagioni, appuntamenti molto importanti per le attività di caccia e agricoltura. A tale scopo servivano i cosiddetti “menhir” enormi stele di pietra singoli o in file (quelli della Bretagna risalgono a circa 5000 anni fa), i complessi megalitici “i cromlech” (celebri quelli di Stonehenge) e gli obelischi egiziani, per mezzo dei quali era possibile compilare una sorta di calendario lunisolare. I primi elementari segnatempo solari si perdono nella notte dei tempi. L’osservazione della variazione dell’ombra di un semplice bastone conficcato verticalmente nel terreno, con funzione di gnomone, permetteva durante le ore di Sole di capire a che punto era il trascorrere della giornata: al mattino l’ombra si presenta molto allungata per ridursi gradualmente fino a raggiungere la minima lunghezza a mezzodì, e riprendere il graduale allungamento fino al tramonto. Numerosi furono i metodi escogitati, noto è il “Merket” egiziano semplice strumento portatile a forma di T o L realizzato in legno, pietra e avorio risalente al 1500 – 1400 a.C. La suddivisione dell’arco di tempo costituito da un periodo di luce e uno di buio consecutivi in 24 parti o ore, definito “giorno”, risale all’VIII secolo a.C. e viene attribuita agli antichi popoli del bacino della Mesopotamia: Caldei, Assiri e Babilonesi. Questi popoli erano dei grandi osservatori dei fenomeni celesti e acquisirono notevoli conoscenze che permisero loro di gettare i fondamenti su cui si basano le conoscenze più moderne. Stabilirono la lunghezza approssimata dell’anno solare di 360 giorni, la fascia zodiacale intervallata di 30° fra ciascuna costellazione corrispondente a circa un mese di 30 giorni, la suddivisione sessagesimale dell’ora, la suddivisione in 360° dell’angolo giro che conduce al frazionamento del cerchio in sei parti di 60° per la costruzione geometrica dell’esagono e del triangolo equilatero. Questi sintetici richiami agli originari metodi di misura delle ore ci introducono, di fatto, nel tema proposto: i sistemi orari. La suddivisione del giorno in dodici ore di luce e altrettante di buio porta alla conseguenza che per le regioni terrestri di media latitudine l’ora ha lunghezza variabile nei vari periodi dell’anno. Per la nostra latitudine di circa 44° Nord, la lunghezza dell’ora di luce al solstizio invernale è di circa 45 minuti, agli equinozi di circa 61 minuti e al solstizio estivo di circa 77 minuti. Questo è il sistema delle ore inaequales o temporarie che sarà usato da tutti popoli civilizzati – Babilonesi, Egiziani, Greci e Romani – fino a tutto il primo millennio. Al diminuire della latitudine con l’avvicinarsi alla fascia equatoriale, la differenza di lunghezza dell’ora si attenua fino a uniformarsi sulla linea equatoriale. Nell’antico mondo pagano greco-romano le ore temporarie vengono chiamate ore planetarie perché ciascuna ora è governata da un pianeta con cadenza ciclica settimanale. Nel mondo cristiano queste ore vengono chiamate giudaiche perché ampiamente citate nei Vangeli. Nelle giudaiche l’arco notturno è diviso in quattro veglie, le vigiliae, corrispondenti al cambio della guardia delle sentinelle nei presidi romani. Nell’Europa occidentale ci sono state tramandate numerose testimonianze di orologi solari a ore temporarie da noi più conosciute come ore canoniche. Questo temine deriva da Canone o Norma delle Preghiere che ebbe grandissima diffusione con l’instaurarsi del monachesimo medioevale di cui abbiano la maggiore testimonianza in San Benedetto da Norcia che intorno al 529 fondò l’ordine monastico dei Benedettini con rigide norme di comportamento dettate con “la Regola” e il celebre motto “Ora et Labora”. Ogni giorno del monaco benedettino doveva essere rigidamente programmato con alternanza di preghiere e lavoro nel monastero, anche la notte doveva essere intervallata da periodi di riposo e di preghiere. Entro lo scadere di ogni gruppo di tre ore, dovevano essere recitate le preghiere. Il seguente schema riassume i vari momenti:(vedi foto 2) Il confronto con le ore moderne è il seguente: l’Alba o Ora Prima coincide con le nostre ore 6, segue un periodo di tre ore dell’Ora Terza che termina alle nostre ore 9, segue un altro periodo di tre ore dell’Ora Sesta (ora del pasto) che termina alle nostre ore 12, e a seguire l’Ora Nona (ore 15), Ora Duodecima o Tramonto o Vespro (ore 18, ora della cena). Segue la Compieta, un’ora dopo il tramonto (ore 19), il Notturno (ore 2), le Laudi (immediatamente prima dell’Alba (ore 6). Le ore della notte e quelle del giorno erano scandite anche dai rintocchi di una campanella (1, 2, 3,) come indicato con i pallini neri nello schema.Il tacciato dell’orologio solare a ore canoniche è molto semplice e facilmente riconoscibile. E’ costituito da un semicerchio suddiviso in 12 parti con uno gnomone posizionato nel centro di convergenza delle linee orarie, perpendicolarmente alla parete. E’ anche molto semplice da costruire: basta individuare una parete bene esposta a mezzogiorno (rivolta al Sud), piantare un lungo chiodo che avrà la funzione di gnomone e facendo centro in esso tracciare con una corda un semicerchio che sarà suddiviso in 12 parti evidenziandole tre per tre. La presenza più numerosa di questi orologi si trova in Irlanda. Dalle nostre parti e ormai difficile incontrarli restano rari esemplari in qualche monastero benedettino. A Firenze è possibile ammirare il bell’esemplare collocato nel 1333 su un vecchio edificio al centro di Ponte Vecchio. (continua……) Cieli sereni a tutti.
Alberto Suci, studioso di gnomonica in Agliana.
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